A S'ORGOLESA

Interamente in lingua sarda (Orgolese) “a s’orgolesa” costruisce la sua ossatura narrativa alternando dinamicamente parti dialogate e Tenore.

Attraverso i Canti il film intesse una trama volta a raccontare la particolarità del territorio Orgolese: il carattere fiero e dignitoso della sua gente e quel profondo senso di unità e coesione che da sempre contraddistingue questa comunità.

“A s’orgolesa” non si propone come una indagine etnomusicologica, ma vuole essere un film in cui il Tenore, parte attiva della narrazione, attraverso la forza evocatrice propria della lingua sarda, è, insieme alle voci dei cittadini, strumento principe e costitutivo del racconto. I canti cuciono le testimonianze di una comunità che, orgogliosa delle proprie origini e del proprio trascorso, si protende oggi verso un presente in continua trasformazione, di cui il Canto a Tenore non è mera celebrazione di un passato oramai lontano, ma fedele trasposizione poetica di tematiche sociali particolarmente vive all’interno della comunità.

Il percorso tracciato dai testi dei Canti, al quale fanno da contrappunto le testimonianze del paese, prende spunto dalle attività quotidiane dei suoi abitanti, al fine di creare un affresco lucido, dinamico ed onesto della realtà di Orgosolo oggi: luogo dove ancora la parola “comunità” ha un forte significato identitario, dove agli ideali ancora ci si appassiona e se ne discute, certo… spesso animatamente, ma con grande spirito di partecipazione sociale e comunitaria.

Orgosolo, oggi, esprime ancora peculiarità sociali e culturali che la rendono unica; concetti su cui si sono costruiti molti discorsi identitari, compresi stereotipi spesso negativi: l’orgolese come “vero” sardo, autentico e orgoglioso, ma anche violento, bandito. Emblema di una sardegna “arcaica” che non vuole convertirsi alla modernità, immagine che non rappresenta i valori autentici della comunità orgolese.
Le feste ad Orgosolo conservano un grande valore sociale e comunitario, oltre che essere sempre più occasione di promozione turistica per il paese e tutto il territorio. Sono ancora profondamente legate al loro significato ancestrale in sintonia con i ritmi della natura e per questo sono il filo conduttore che scandisce i tempi del film.

Il Ferragosto è la festa più antica (ha origine precristiana) e più sentita ad Orgosolo dove ancora la vita è legata indissolubilmente al mondo agropastorale e alla cultura del pastoralismo. I festeggiamenti si protraggono dal 13 al 23 agosto e segnano la chiusura della stagione agricola passata e l’inizio di quella nuova. Per questo motivo rappresenta il punto di partenza naturale per il film che da questo momento continua, ripercorrendo un’intero anno e tornare, nel finale, alla festa dell’assunta dell’anno successivo.

Dalla Quercia alla Palma - i 40 anni di Padre Padrone

Sinossi


Maggio 1977: “Padre padrone” di Paolo e Vittorio Taviani vince a Cannes la Palma d’oro. Quarant’anni dopo il documentario va alla ricerca di ricordi, curiosità e aneddoti sul film attraverso la testimonianza dei registi e soprattutto dei protagonisti Omero Antonutti e Saverio Marconi che tornano in Sardegna, ritrovano i luoghi dove fu girato, incontrano le tante comparse sarde che a loro volta inanellano inediti frammenti di memorie sulla lavorazione. A far da collante a queste voci – fra cui Nanni Moretti, che aveva un piccolo ruolo – lo scrittore Gavino Ledda, l’autore del romanzo al quale liberamente si ispirarono i Taviani.


Selezione ufficiale alla Festa del Cinema di Roma 2017 – sezione riflessi

L'isola di Medea - Pasolini e Callas, l'amore obliquo

L'isola di Medea - Pasolini e Callas, l'amore obliquo

Lo scrittore-regista più scomodo e provocatorio del momento e la divina cantante più acclamata del mondo:
Pier Paolo Pasolini e Maria Callas. Il film che li fece incontrare fu “Medea”, l'anno il 1969. Cinquant’anni dopo riemerge - attraverso i ricordi e gli aneddoti dei componenti della troupe e degli amici più cari – il racconto di un amore impossibile. Un’indagine su due anime sensibili, e in quel momento fragili, che seppero creare un rapporto artistico e umano così profondo, delicato e speciale.

Sinossi
Il documentario “L’isola di Medea” esplora il rapporto speciale nato nell’estate del 1969 durante la lavorazione del film “Medea” tra il regista Pier Paolo Pasolini e la protagonista Maria Callas. Non fu una storia d’amore classica, come la dipinse la stampa dell’epoca attratta dal potenziale mediatico della coppia: un regista scomodo e provocatorio, dichiaratamente omosessuale e una celeberrima cantante d’opera appena “scaricata” dall’armatore Onassis. Fu invece l’incontro fra due anime sensibili, la nascita di un rapporto artistico bello e coinvolgente, di un’amicizia profonda e speciale. Il racconto di questa affinità elettiva prende forma attraverso i ricordi e gli aneddoti dei componenti della troupe e degli amici più cari della coppia: parlano Ninetto Davoli, che condivise con Pasolini momenti privati e artistici; Nadia Stancioff, l’assistente personale della Callas; il costumista Piero Tosi, la costumista Gabriella Pescucci, lo scenografo Dante Ferretti, il direttore di produzione Fernando Franchi, l’attore Giuseppe Gentile (all’epoca campione olimpionico di salto triplo), l’attrice Piera Degli Esposti (che debuttò con “Medea”), la scrittrice Dacia Maraini (che con Pasolini, Moravia e la Callas fece due lunghi viaggi in Africa), lo storico del cinema Roberto Chiesi (che è anche il direttore del Centro Studi-Archivio Pasolini presso la Cineteca di Bologna): ciascuno illumina con particolari anche inediti il legame che unì Pier Paolo e Maria, soprattutto durante le riprese del film nel set dell’isola di Grado e della laguna: un luogo dove Pasolini trovava le sue radici friulane e dove amava ritirarsi per scrivere e pensare e nel quale portò spesso anche la Callas. Per la divina: “Medea” fu la sua prima e unica prova d’attrice al cinema, un momento di riscatto contro l’umiliazione subita da Onassis e un mettersi alla prova poiché come cantante d’opera era ormai al tramonto; e l’incontro con Pasolini, uomo colto e sensibile, le diede nuova forza e linfa artistica.
Alcuni frammenti delle lettere e poesie che il regista e la cantante si scambiarono, letti da voci off e illustrati dai disegni di Davide Toffolo, segnano come capitoli il documentario, approfondendo i dettagli di un rapporto delicato e sincero. A far da corollario anche i ricordi delle comparse del film, reclutate nell’isola di Grado: un punto di vista popolare, ricco di piccole curiosità.

(Qui non è) Giorgino

(Qui non è) Giorgino

Il racconto di una giornata in spiaggia a Giorgino, fino agli anni ‘50 del secolo scorso la spiaggia dei cagliaritani, oggi periferia urbana in cerca di riscatto dall’abbandono e dal degrado.
L’estate volge al termine, non meteorologicamente però, infatti il clima è afoso e gli abitanti di Giorgino affollano la piccola spiaggia del villaggio pescatori per trovare un po’ di conforto alla calura che a metà settembre picchia ancora forte.
Dalle conversazioni “intercettate” in spiaggia, al bar, nel borgo, il racconto di come sopravvive quella che un tempo (neppure tanto lontano) fu la spiaggia di Cagliari e dei cagliaritani: un arenile lungo 11 Km di finissima sabbia bianca ora ridotto a una stretta striscia di spiaggia ricoperta di terra, alghe e rifiuti, costretta fra i moli del porto commerciale e quelli del porto “canale” che, spezzandola in due, l'hanno cancellata dai luoghi frequentati dai cagliaritani.
Un tempo era un quartiere popolato, c’erano le ville dei nobili ma anche i casotti dei pescatori, palafitte costruite sulla spiaggia, che ora è stata cancellata dalle aree di colmate realizzate con i materiali dragati per la realizzazione del canale: 460 ettari destinati a piazzali, attività industriali e servizi. Mai realizzati.
Solo il piccolo lembo di spiaggia prospiciente il villaggio pescatori (guai a chiamarlo dei pescatori, perché di pescatori non ce n’è più) sopravvive tenuto pulito e decoroso dagli abitanti del borgo che tenacemente, malgrado le innumerevoli difficoltà, l’assenza di servizi e - soprattutto - l’isolamento dal resto della città, non si rassegnano a lasciarlo morire.

Per Grazia non Ricevuta

Per Grazia non Ricevuta

“Per grazia non Ricevuta” è il racconto del viaggio picaresco, a tratti surreale, ma sempre inesorabilmente lento, di due artisti, Giovanna Maria Boscani e Joe
Perrino che, insieme, attraverseranno la Sardegna a bordo di un’Ape-Car. Partendo dall’istituto carcerario più a sud della Sardegna, il carcere di Uta, il viaggio di Giovanna e Joe toccherà le strutture carcerarie dell'isola dove i detenuti consegneranno agli artisti la loro richiesta di “grazia” sotto forma di ex-voto: disegni, scritti, oggetti, concorreranno a decorare l’Ape-Car, che verrà trasformata da Giovanna Maria Boscani in una installazione artistica itinerante.
In questa direzione si sviluppa l’idea di spezzare l’isolamento carcerario, proponendo un’avventura quasi surreale che unisca gli istituti di pena attraverso l’arte e la musica. Nel lavoro dell’artista la Ape-Car diventa un elemento simbolico e fantastico che si presenta come medium di relazione fra pratica artistica e il vissuto carcerario.
Per Grazia non Ricevuta non vuole essere un'indagine socio-antropologica, ma cassa di risonanza per storie, desideri, ambizioni, sogni che, altrimenti, rimarrebbero rinchiusi fra le mura degli istituti di pena. La forma del film sarà più simile a quella del cinema narrativo che a quella del documentario, in tutto il film non ci saranno interviste ne voice over, ma solo dialoghi: fra i due protagonisti e con le persone che incontreranno nel loro viaggio. Più che da una sceneggiatura in senso tradizionale, “Per grazia non ricevuta” si muoverà a partire dalle storie dei detenuti che si intersecheranno e definiranno la struttura della narrazione.
Quello di Zuanna e Joe è un viaggio su un mezzo d’altri tempi che, non potendo percorrere arterie a scorrimento veloce, li costringe a spostarsi su strade secondarie. Joe, anche se allenato dai trasferimenti in tante tournée su mezzi improbabili, presto inizierà ad accusare la fatica, la noia e l’eccessiva rumorosità
dell’Ape. Anche Giovanna accuserà la fatica, ma cercherà di nasconderla visto che è stata lei a scegliere un mezzo così vetusto e inadeguato ai lunghi trasferimenti.
I detenuti saranno coinvolti direttamente nell’allestimento decorativo del mezzo con la richiesta di donare una loro personale interpretazione di ex voto; dalle mani del detenuto che l’ha creato, secondo la sua libera espressione, l’ex voto passa nelle mani di Giovanna Maria Boscani che lo trasporta oltre le mura del carcere e lo colloca sull’ape, portandolo nel suo “pellegrinaggio”. I detenuti saranno così parte attiva di un processo creativo che li vedrà protagonisti delle loro istanze e delle loro visioni.

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